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Mattia Cason: Muhammad Abd alMunem, l’ombra dell’esule.


Mattia Cason è nato a Belluno, il 11/03/1989. Appassionato di danza, geografia, lingue semitiche e soprattutto di Unione Europea. Ottiene la laurea triennale in Antropologia e linguaggi dell’immagine dall’Università di Siena e quella magistrale in Antropologia ed Etnologia culturale dall’Università di Bologna. Dal 2019 studia arabo ed amarico all’Università Orientale di Napoli.

“Mi piacerebbe incontrarci
una volta alla settimana, hai tempo?”
“Sono arabo, il tempo non mi manca mai. ”

*

L’appartamento di Muhammad sta al settimo piano d’un palazzone brutalista degli anni settanta nel centro di Šiška, il quartiere della periferia nordoccidentale di Ljubljana abitato per lo più da lavoratori immigrati dalle altre ex repubbliche jugoslave, tra tutte Macedonia e Bosnia Erzegovina. Dalla finestra della cucina vediamo la Celovška Cesta, la via per Klagenfurt, e più lontane le Alpi. “Ricordo che alle elementari per farci ricordare il loro nome ci fecero notare come nel nostro dialetto gibāl alAlb, ossia il nome delle Alpi, suoni come gibāl al(q)alb, ovvero “le montagne del cuore”; chi l’avrebbe mai detto che un giorno mi sarei ritrovato a viverci accanto, a questi picchi innevati?”.

Muhammad Abd alMunem è un poeta di Aleppo costretto a fuggire dalla propria città nel 2016 in quanto sospettato dal regime di Bashār alAssad di collaborazione con le forze dell’opposizione. Figlio di rifugiati palestinesi giunti ad Aleppo all’indomani della Nakba, “la catastrofe”, ovvero l’espulsione di circa 700000 palestinesi in seguito alla creazione dello Stato d’Israele tra il 1947 e il 1949, Muhammad è nato il 16 novembre 1965 nel campo profughi di Neirab, alla periferia orientale della città, per poi spostarsi due anni dopo coll’intera famiglia in un quartiere appena a nord est dal centro, lì dove tutt’oggi sorge l’antico monastero sufi di Sheikh Abu Bakr alWafai. Il padre Suleiman, fondatore della casa editrice Abd alMunem e scrittore di testi teatrali dialettali, era amico intimo di personalità quali il poeta Mahmud Darwish e il pittore Mustafa alHallaj, i quali erano soliti visitarlo nel salotto di casa sua per discorrere di politica, letteratura, arte e vicende famigliari; ancor oggi Muhammad li ricorda come figure mitiche della sua infanzia, personaggi fondamentali nell’indirizzarlo a quell’amore per le lettere e soprattutto per la poesia che lo ha spinto fin da giovanissimo a scrivere i suoi primi versi.
In gioventù ha militato nelle file di Fatah, organizzazione colla quale ha anche poi combattuto contro l’esercito israeliano nella valle della Beqā durante la guerra civile libanese (1975-1990).

Muhammad nella sua casa editrice prima della guerra


Rilevata la casa editrice dal padre, ha curato l’edizione di numerosi testi di prosa e poesia di autori arabi ed internazionali, specializzandosi soprattutto nella traduzione di diversi autori europei, tra cui mi ricorda spesso con un certo orgoglio Alberto Moravia ed Italo Calvino, da lui molto amati. Nel gennaio del 2016 un conoscente lo mette in guardia circa l’imminenza di un suo arresto. Muhammad, sposato e padre di tre figli, è così costretto a lasciare improvvisamente il paese e fugge in Turchia. Punta a raggiungere l’Europa e raggiunta Izmir s’imbarca in un gommone diretto a Chìos, ma una falla ne causa l’affondamento: delle sessanta persone a bordo ne muoiono trentasette; gli altri sono tratti in salvo dalla guardia costiera turca, che li riporta ad Izmir. Dopo qualche giorno riprova la traversata e questa volta va bene: raggiunge l’isolotto di Pàsos, da qui Chìos, e dopo poco è trasferito ad Atene. Da qui prosegue a nord ma è bloccato come tantissimi altri rifugiati ad Idoumeni, al confine greco-macedone. Qui passerà diversi giorni di neve e gelo nel campo profughi improvvisato sulle rive dell’Áxios, fino a che un lasciapassare della Croce Rossa non gli permette di superare il confine e proseguire il proprio viaggio, in teoria verso la Germania. Per motivi mai chiariti viene però bloccato nuovamente al confine austro-sloveno e costretto a scegliere tra il rimanere in Slovenia o il ritornare indietro. Scelto di rimanere, viene trasferito in una casa di accoglienza in Kotnikova ulica 10, a Ljubljana. Una volta ottenuto il ricongiungimento famigliare si trasferisce nel 2018 colla moglie e i tre figli nel paesino periferico di Černuče; poi, in seguito alla separazione dalla moglie, passa coi figli nell’attuale appartamento a Šiška, dove l’incontro.

Durante il suo viaggio da Aleppo all’Europa e poi durante i primi mesi dopo il suo arrivo a Ljubljana, Muhammad ha scritto numerose poesie, parte delle quali sono confluite in una raccolta di 28 poesie intitolata “L’ombra dell’esiliato”. Di queste alcune sono state scritte durante il viaggio, spesso in condizioni disagevoli, su materiali occasionali come un sacchetto di carta o l’involucro d’un panino; altre sono invece state scritte a Ljubljana, in uno spazio e in un tempo in cui maggiore era la possibilità di riflettere su quanto accadutogli, sulla sua nuova condizione di rifugiato a rievocare quella del nonno e del padre, e in generale sul senso d’un esistenza in esilio.

La casa editrice di Muhammad dopo il bombardamento

Di queste poesie ho scelto di tradurne tre:
1) “Migranti” è stata scritta ad Izmir ad inizio febbraio 2016 all’indomani del naufragio del primo gommone con cui Muhammad ha tentato di raggiungere Chìos.
2) “Sui sentieri dell’Europa” è stata scritta nel campo profughi di Idoumeni a fine febbraio 2016.
3) “Rifugiato una volta ancora” è stata scritta a Ljubljana nel marzo 2016, durante i primissimi giorni dell’autore nella casa di accoglienza di Kotnikova ulica 10.

_______________________________________________

مُهجرون

على بحر إيجا
وفي ظهر الزورق المطاطي
عيون تحدق إلى الضفة الأخرى
عيون دائرية لا لون لها إلا الخوف

الموج يلعب الهيلا هب
وحُراس البحر الأتراك لم يظهروا بعد

أقول لنفسي :
لو مسك الحراس بنا
لعشنا ليلة إضافية وأجلنا الموت
… أو … إن أفلتنا … ربما أمسينا وليمة لسمك السلمون المهاجر

العيون تحدق إلى الضفة الأخرى
عيون دائرية لا لون لها … إلا الخوف

يقول أحدهم،
.. والزورق قد صار بمنتصف الطريق إلى الإغريق
أنا خائف من الموت –
…ويبكي
ترد عليه إمرأة في الثلاثين من العم وقد ضمت إلى حضنها ثلاثة :
… ـ وأنا أيضاً خائفة مثلك
ولكن أدعو الله
وأغمض عينيك
.. لينام الخوف في قدميك

… بعدها .. صراخ وعويل وإستغاثات وأدعية لم يسمع بها الله قبل الآن

ونداء من رجل يده على مقود الزورق
… ـ لا شيء لا شيء
إنها موجة أفعى البحر وقد عبرت… ولا شيء ولا شيء

: في الصباح تقول مذيعة المحطة الرسمية
ـ لقد تم إنقاذ ثلاثة وعشرون مهاجراً ومازال البحث مستمراً عن باقي المفقودين

… وعلى الشاطئ جلست المرأة عارية وبيدها سكين
: تقطع ما تبقى من ثديها الثاني وترضع حليبها الأحمر للرمل … وتقول
ـ لم تعد تلزمني هذه الأشياء
ـ لم تعد تلزمني هذه الأشياء

MIGRANTI

Sul mare Egeo
sul dorso del gommone
occhi scrutano l’altra riva
occhi rotondi senza colore, solo paura.

L’onda gioca l’heila ob1
e la guardia costiera turca ancora non s’è vista.

Dico a me stesso:
“Se le guardie ci prendessero
vivremmo una notte ancora e ritarderemmo la morte;
oppure… se riuscissimo a fuggire… forse diverremo pasto per i pesci, per
salmoni migranti.”

Gli occhi scrutano l’altra riva
occhi rotondi senza colore, solo paura.

Dice uno di loro2,
col gommone ormai a metà strada sulla rotta per i Greci:
“Ho paura della morte”
e piange…
Gli risponde una donna sulla trentina, tre figli in grembo:
“Anch’io come te ho paura,
prega Iddio
chiudi gli occhi
la paura si assopirà ai tuoi piedi.”

Dopo di lei urla, lamenti, richieste d’aiuto e preghiere
come Dio non ne ha mai udite prima d’ora

e un annuncio da parte dell’uomo al timone:
“Non è niente, non è niente…
È solo l’onda del serpente del mare, è già passata… non è niente, non è niente.”

La mattina dopo l’annunciatrice della radio ufficiale dice:
“Ventitré migranti sono appena stati tratti in salvo e continuano le ricerche per il resto dei dispersi.”

E sulla spiaggia è seduta la donna, nuda, con in mano un coltello
Tagliuzza quel che resta del suo seno offrendo il latte rosso alla sabbia, dice:
“Non mi serve più
non mi serve più”

على دروب أوربا

على دروب أوربا
أمشي حافية على روحي
أنا … وطائر الفينيق … وزيوس سيد الإغريق

من رهافة الحسِّ
لا تدوس أقدامنا الأرض
كي لا تمس أرواح
من تحجروا وصاروا حصا

نحمل النشيد على أكتافنا
لنعلنه في الأعالي

افتحوا الأبواب يا أصحاب الصفيح
فتحوا الأبواب كل شيء سوف يبدأ من جديد

لا تمطرونا بأصوات المعادن
وانفجارات البياض

كل هذا لا يستدعي الروح للوصول

نحن بساط الأرض
ومن كل ألوان الخيوط

أَكُلُّ هذا الجمال لا يوصلكم للحلم والخشوع ؟

افتحوا الأبواب
كل شيء سوف يبدأ من جديد
.. هللو يا هللو يا
كل شيء سوف يبدأ من جديد
: وصوت المعادن يصيح
ـ إذا أردت أن تولد من جديد
.فعليك أولا أن تموت

SUI SENTIERI DELL‘EUROPA

Sui sentieri dell‘Europa
cammino scalzo sulla mia anima3
Io… l‘Araba Fenice… e Zeus, signore dei Greci.

Tanta è l‘accortezza
che i nostri piedi quasi non calpestano il terreno
per non toccare le anime
di chi è caduto e divenuto pietra.

Portiamo sulle spalle il Cantico dei Cantici
per annunciarlo più in alto.

Aprite le porte signori dell‘acciaio4
Aprite le porte, ogni cosa dovrà iniziare di nuovo.

Non tormentateci col sibilo dei proiettili5
e il candore dei gas lacrimogeni6 .

Tutto ciò non impedirà l‘arrivo dello Spirito7.

Noi siamo una stuoia
i cui fili sono di tutti i colori.

Tutta questa bellezza non vi spinge verso l‘umiltà e la meraviglia?
Aprite le porte
Ogni cosa dovrà iniziare di nuovo
Alleluia alleluia…
Ogni cosa dovrà iniziare di nuovo
Ma la voce del proiettile grida:
“Se vuoi vivere nuovamente
prima dovrai morire.”

لاجئ مرة أخرى

صباحاً في كوتنيكوفا
أعني في مبنى اللاجئين
أعلق ذاكرتي على حبل غسيل أمي لترتاح قليلاً
ويتنفس عشب صدري الهواء الجديد
… فيملئ حليبها نهر ليوبليانا … وأعود رضيعاً من جديد

                              ذاكرتي هويتي  

… مساءاً في ساحة المدينة
أجالس برشيرن ويوليا
فأرى شبح محمود درويش
في خلوة الخروب مع ريتا
يمارس أشغاله الجينية
وعنترة يُشيع غبار الصحراء
… بنواصي عبلة والبداوة الأولى
… فيصرخ الحليب : ذاكرتي هويتي

… وما الضير وما الضير ؟! يقول لي الرصيف
تعال معي إلى متحف ميتلكوفا
هناك أقامت ليوبليانا حفلاً كبيراً
لخشب البلوط .. والأبواب
… ونسيت الأقفال في التاريخ
… فلنصنع ذاكرة ونمشي
… أرتجل الخطو خلفه
.. فأتعثر بإيقاع اللحن والنشيد
… وأسقط بين حليبين ونهد من حرير

…أنا يا سيدة السلاف
طلعٌ بلا أرض
منذ سبعين عاماً
اعتدت أن أي ريح تحملني
لتضعني فوق خيول الهجرة
وتلدغني حروفية جديدة
… فأصاب بالهذيان
ذاكرتي هويتي
. أنا ابن الغبار ابن الغبار

RIFUGIATO UNA VOLTA ANCORA

Una mattina a Kotnikova
– intendo l’edificio dei rifugiati –
appendo le mie memorie sul filo della biancheria di mia madre così che
riposino un poco,
e così che l’erba del mio petto respiri l’aria nuova
e il suo latte riempia la Ljubljanica8… e io ritorni nuovamente un lattante.

La mia memoria è la mia identità.

Una sera nella piazza della città
siedo con Prešeren9 e Julija10
e vedo il fantasma di Mahmud Darwish
in un incavo del carrubo con Rita11
ad esercitarsi a fare l’amore,
ed ‘Antara spargere la sabbia del deserto
con gli zoccoli di ‘Abla e del primo nomadismo12,
e grida il latte: la mia memoria è la mia identità.

“E che male c’è? Che male c’è?” mi dice il marciapiede13,
“Vieni con me al museo Metelkova,
lì Ljubljana ha organizzato una gran festa
per le porte di legno di quercia
e s’è dimenticata i chiavistelli nella Storia14;
su, fabbrichiamoci una memoria e camminiamo.”

Improvviso l’andatura dietro di lui…
influenzato dal ritmo della melodia e del cantico…
e casco tra due latti15 e un seno di seta…
“Oh signora degli Slavi16, io…
sono polvere senza terra
da settant’anni
mi sono abituato ad essere trasportato da qualsiasi vento
e posato sopra i cavalli della migrazione
e morso da una lingua straniera
e colpito dal delirio…
La mia memoria è la mia identità
sono il figlio della polvere, il figlio della polvere.”

______________________________________________________________________________

*

1 Heila ob è un’ espressione onomatopeica riproducente la voce dei pescatori di Laodicea nel caricare le reti da pesca sulle imbarcazioni prima della battuta di pesca; quest’espressione indica un gioco per bambini in cui il fortunato di turno viene preso per i piedi e per le braccia e dopo essere stato fatto oscillare un paio di volte per prendere lo slancio, viene gettato su un cumulo di sabbia, un covone di fieno o un letto

2 uno dei migranti sul gommone insieme a Muhammad

3 Consapevole del mito greco secondo cui Europa è una principessa fenicia proveniente dal Levante, e dunque riconoscendovi una comunità d’origine con sé stesso, per Muhammad camminare per la prima volta sul suolo europeo è camminare sulla propria storia, al propria “anima” (spiegazione data nel corso d’uno dei nostri incontri )

4 Il termine صفيح significa in realtà “latta”; la scelta di tradurlo con “acciaio” è dovuta alla miglior capacità di quest’ultimo termine di rendere in italiano l’idea di quell’universo di armi, macchinari e recinzioni cui fa riferimento l’espressione “signori dell’acciaio” colla quale Muhammad indica i poliziotti schierati al confine greco-macedone ad impedire il passaggio dei migranti

5 il termine معادن significa letteralmente “metallo”; in arabo esso ha un chiaro valore di sineddoche rispetto al proiettile, in italiano meno: questa la ragione di sostituzione semantica da me operata in sede di traduzione 

6 l’originale arabo è “”bianche esplosioni”; una volta che Muhammad me ne ha spiegato la natura, ho pensato fosse opportuno una traduzione maggiormente esplicita dell’originale

7 la menzione qui dello “Spirito”, insieme alla citazione del Cantico dei Cantici e del verso “Ogni cosa dovrà iniziare di nuovo” sono tutti dei riferimenti a delle litanie cristiane armene ascoltate da Muhammad bambino nel quartiere di Sheikh Abu Bakr alWafai. La scelta d’una terminologia cristiana nell’indicare la sfera del Sacro è dovuta più all’intimità del ricordo personale che non ad una precisa scelta dottrinale.

8 il fiume attorno alla cui ansa sorge Ljubljana

9 France Prešeren (1800 – 1849 ) poeta nazionale sloveno. A lui è intitolata la piazza principale di Ljubljana, la stessa piazza di cui parla Muhammad in questa poesia

10 la donna amata da Prešeren

11 allusione ad alcuni versi di Mahmud Darwish in cui si racconta dell’amore tra lui e la sua amata Rita sotto un carrubo

12 allusione alla storia d’amore tra ‘Antara Ibn Shaddād (525 – 615), poeta e guerriero pre-islamico, e ‘Abla, la sua amata

13 il poeta gioca qui sul doppio significato dell’arabo رصيف, al contempo “marciapiede” e “amico”, volendo dare proprio al marciapiede il carattere d’un amico, in quanto benevolo verso chiunque cammini, vaghi, migri

14 allusione ad un’esibizione di vecchie porte tenutasi al museo Metelkova di Ljubljana nel 2016; Muhammad fu colpito dal fatto per cui a quelle vecchie porte non fosse associato alcun conflitto irrisolto, come è invece il caso nella questione palestinese, dove le chiavi delle porte delle vecchie case palestinesi distrutte od occupate dallo Stato d’Israele sono divenute un simbolo del “diritto al ritorno” dei profughi palestinesi

15 uno è il latte materno, l’altro quello di cui si è oniricamente riempita la Ljubjanica, il fiume di Ljubljana, la città che avendo accolto Muhammad acquista per lui il ruolo di seconda madre

16 altra allusione a Ljubljana

______________________________________________________________________________

Desidero ringraziare prima di tutto Muhammad per la sua disponibilità e pazienza a dialogare sempre e solo in arabo con chi l’arabo non lo parla ancora perfettamente, e poi la professoressa Oriana Capezio per i suoi consigli in materia di traduzione poetica e la professoressa Natalia Lucietta Tornesello per la sua esemplare attività di tutoraggio (M.C.).

Il logo della casa editrice di Muhammad
Nov 11, 2021Sguardo Orientale
Jack Hirschman: One DayJack Hirschman: Blue / Blu

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9 months ago Sguardo OrientaleEsilio, Mattia Cason, Muhammad Abd alMunem, Palestina, poesia araba contemporanea, Profughi, Sguardo Orientale, Siria253
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